|
Il balletto...
Un
balletto! Ma che balletto!!!
Cinque giovani ragazzi ultracinquantenni: Cesare,
Lello, Umberto, Giulio e Carlo, in gonnellino rosa plissettato, che esaltava le
loro delicate movenze, collant bianchi e ballerine dello stesso colore, si
sono esibiti su un palcoscenico speciale: in un'affollata sala di eleganti
signore e sorridenti ragazze, arricchita da moltissimi bouquet di primule
gialle, in via S. BENEDETTO 11. Le loro
chiome fluenti e non, dal biondo platino al castano al giallo, davano loro un
tocco di classe; i loro visi truccati con
sapiente delicatezza risaltavano i loro occhi, bocche e gote: era un
piacere ammirarli!! Con
delicate movenze e passi studiati ad arte hanno
iniziato a danzare con un sottofondo musicale appassionato e
coinvolgente: "LA DANZA DELLE ORE". La folla
presente era al culmine dell'esaltazione, batteva le mani, si alzava in punta
di piedi per non perdere neppure un passo. Le persone che stavano dietro o le
più basse, erano sulle sedie per godere lo spettacolo in pieno. Alla fine
del balletto, l'atletico Cesare, la
prima donna, ha eseguito con maestria una spaccata perfetta, mentre i quattro ballerini che lo circondavano, si sono
prodigati a sollevarlo, con delicate movenze. Tutto questo ha fatto esplodere
un immenso applauso e una richiesta di replica, che i cinque ballerini
instancabili hanno esaudito, e sempre con grande bravura, hanno portato a
termine. A questa punto la folla è esplosa in battimani e risate a non finire!
Guardavamo i nostri cinque amici e non riuscivamo a trattenere le risate. Ormai
il loro trucco iniziava a rigare i loro volti, le loro labbra a sbavare, la
loro mise a scomporsi: hanno superato abbondantemente la professionalità della
famosa "BAISTROCCHI” !! I cinque
eroi, accaldati, ma soddisfatti della loro prova, hanno accettato i nostri
calorosi ringraziamenti, i nostri complimenti, per il bellissimo inizio di
serata a sorpresa dell'8 Marzo 2002!!
Francesca Milazzo
Et voila les Calanques!
Prologo.
Il progetto
di un trek attraverso i famosi calanchi che vanno da Marsiglia a Cassis, veniva
da lontano, da circa una dozzina d'anni fa, quando un furioso temporale aveva
interrotto il percorso sul più bello e costretto la metà dei Montagnin a darsi
alla fuga su di un provvidenziale battello, lasciando gli altri coraggiosi a
dormire in una grotta ed a proseguire l'indomani nell'incertezze meteorologiche.
I coraggiosi avevano continuato a ricordare nel tempo ai pavidi la loro avventura,
colorandola d'aneddoti e d'audacia, tanto da far salire la voglia .di "revanche" a quei poveretti e
d'imitazione nei vergini da “regret".
Così il fiero pennellone "Igor dei Birsi", gran logistico, in
assoluto possesso della lingua e perfetto accento parigino, nonché ferito
nell'onore da quell'antica disavventura, raccoglie i suoi fidi, recluta la Gianna
come umile supporto per le traduzioni simultanee della lingua dell' "Ile de France" in moderno "Provencal ", riempie una vecchia "Dilicence” di 54 Montagnin (con larga maggioranza
d'ancor avvenenti signore ed in minor numero di un poco affievoliti ardenti
signori), si munisce di vecchie storiche mappe della regione provenzale e parte
intrepido per Marseille!
Doux
France! Marsiglia ci accoglie benevola e ci tiene ben stretti all'imbocco di un angusto vicolo con
automobili malamente parcheggiate lutto intorno al nostro pullman, con 6
poliziotti misti, per età, armamento e sesso, a
tentare di farci passare per raggiungere l'Hotel Etap, nostra meta.
Poi Cesare ed Angelo, coadiuvati da una piccola
e graziosa "flic ",
sbrogliano la matassa facendo speronare dal pullman due auto in sosta e lasciando
in lacrime la gravida proprietaria della più colpita, finalmente sopraggiunta. Quindi
il carrattrezzi si portava via auto e proprietaria. A parte ciò, dirò subito
che sia il soggiorno in città, sia il trek vero e proprio, sia il comportamento
dei partecipanti, sia il tempo ed il traffico del lungo ponte, nonché il
benevolo e vigile occhio del Grande Giardiniere, tutto insomma si è svolto
benissimo. Sarà meglio andare per ordine...
Parte
prima: le Calanques dal vivo. Tutto è un
groviglio di rocce bianche ed ocra,
di gole profonde, di guglie vertiginose e di bianche lisce e frastagliate
falesie, di pini ritti su improbabili svettanti pinnacoli sottili e da insenature profonde, dai colori di verde smeraldo
e blu cobalto di un mare di cristallo,
appena punteggiato da qualche bianca vela
che s'inclina e geme alla bolina, strapazzata dalle folate improvvise di un
incattivito e dispettoso mistral... lunghi sentieri polverosi. tappezzati da
pietre di calcare bianco che si assestano e scivolano ad ogni passo degli
escursionisti: segnati da pennellate di pittura variamente colorata, recante i
numeri dei percorsi o il GR 98-51 che corre sino a Cassis... Il profumo del
rosmarino fiorito, dei caprifogli bianchi e topazio, della malva verde dai
fiori magenta, dei lentischi oleosi, dell'amaro marrubio, del timo legnoso che
sa di limone... le alghe che marciscono al sole sulla battigia e che le onde
rivoltano, fra rade case scolorite e vetuste, mal rabberciate e stridenti su di
una natura intatta, dolce e severa ad un tempo... un gabbiano volteggia lento nel cielo
terso e luminoso di Provenza, sorvegliando dall'alto omini in tecnicolor che si
muovono a fatica su erti sentieri e pietre bianche, rotolanti sotto ì piedi non
sempre sicuri e fermi…. un altro gabbiano scende sino a sfiorare le gialle
spade delle ginestre che spuntano fra i cespugli di rosmarino selvatico ed i
cisti dai fiori rosa… i verdi, carnosi e grassi fusti striscianti dei fichi degli ottentotti fanno contrasto con gli
occhi spalancati dei propri fiori color dell'indaco. La scena è tanto
olografica che pare di entrare e di uscire continuamente da un quadro di Paul
Cèzane e della sua Mont Sainte-Victorie tante volte dipinta dalla natia e
vicina Aix en Provence. Per contro c'è anche la fatica, il sole caldo, un mistral
furioso che sposta anche i miei molti kilogrammi e ci costringe a cambiare
l'itinerario di cresta per motivi di sicurezza, la totale mancanza d'acqua e quindi la sete
che ci prende un po' per davvero e un po' per l'ansia, le arrampicate su
sentieri quasi verticali e le altrettante verticali e scivolose discese, a
volte rese più facili da catene e scale di ferro e a volte senza rete se non
fosse per l'aiuto di un compagno gentile e preoccupato. L'immagine che mi sono
fatto di queste Calanques, assomiglia un po' a quella della mano destra di un
uomo, con il polso rivolto a nord, il pollice ad
ovest ed il mignolo proteso verso est, mentre le altre dita divergono verso
sud. L'attaccatura d'ogni singolo dito rappresenta il fondo di un fiordo, di
una cala, con le nocche irsute che, corrugate e rattrapite dall'artrite, sono
le dorsali e le creste delle falesie che
strapiombano in mare.
Parte
seconda: in marcia. Venerdì 26
aprile 2002: partiamo da
Callelongue con un'intensa salita
sino ai 249 metri del Pas de la Demì-Lune,
poi Pas de la Mounine e Col de la
Galinette, quindi discesa attraverso il Grand Malvallon (con mia solenne
arrabbiatura e relativo eccessivo rabbuffone al povero Giulio che andava per
sentieri alternativi facendo rotolare pietre sui sottostanti... scuse, scuse
a tutti, ma ero nervoso!). Ristoro ad un
barretto nella Calanque de Marseilleveyre sulla spiaggia. Poi lunga
e facile passeggiata attraverso la
balconata sul mare con il sentiero G.R. 98-51 sino alla Calanque de Podestat, bella, deserta e coperta
di valeriana rossa, ma olezzante di salmastro
acido e d'alghe marce. Sosta per il pranzo
con sonnellino per i più e rapida occhiata alle grotte marine. Risalita pomeridiana faticosa per il Pas
inferieur de la Melette sino al Col de Cortiou, il Col
de Sormiou ed il Col de Baumettes, da dove per breve discesa attendiamo,
in una sorta d'osteria fuori porta nei pressi di La Cayolle, il pullman che ci
porta a Marsiglia e la sera a cena ed una
grandiosa paella avec ecrevisses, moules et langoustes. Sabato 27 aprile 2002: il pullman
ci deposita al punto della sera prima ed il gruppo raggiunge in breve Baumettes
dove (previa democratica votazione) decidiamo di saltare la Calanque di Sormiou e di tenerci in quota. A causa del terribile
mistral che ci tormenta non possiamo percorrere interamente la Crete de
Mourgiou, la cui Calanque
raggiungiamo attraverso un sentiero
che si stacca dal Carrefour a quota 240 m. dopo alcuni tentativi di suicidio
per erte pietraie, tipo Passo delle Cirelle in Trentino. Ci rifocilliamo
brevemente fra le barche in secca
sulla spiaggia e subito affrontiamo la splendida cornice della G.R. che con
diversi divallamenti e passaggi
strapiombanti ci porta alla catena ed alla scala
di ferro del Cap Surgiton (coraggio Lello, Maria Teresa ed altri,
ormai è fatta!) e quindi alla splendida baia di
Surgiton, dove pranziamo e
mettiamo i piedi in mare, nonostante il vento fortissimo. Qualche coraggioso
ragazzo francese ed un cane nero fanno il bagno;
noi non ce la sentiamo. Si riprende per un'erta ripidissima sino a raggiungere
uno stradello sterrato e quindi con numerose svolte in salita, lo straordinario
punto panoramico della Crète de Saint Michel.
Il vento è sempre fortissimo. Ritorniamo al Col de Surgiton e qui incontriamo
gli amici del giro turistico che giunti ad incontrarci, ci accompagnano sino
alla Citè Universitaire dove ci attende il pullman. Alla
cena serale il nostro affiatatissimo sottogruppo conosce attimi di
vera allegria e gran casino alla "Cloche a Fromage" fra bottiglie di
"gran cru" e assaggi di
caprini, tra la divertita costernazione dei camerieri: “Ah les Italiens!”
Domenica 28 aprile 2002: il Col de la Ginestre 328 metri ci vede iniziare
il terzo e ultimo tratto, nonché il più lungo. del nostro trek. La giornata è
molto bella e calda ed il mistral è sparito. Si sale inizialmente a Le Pain de
Sucre 415 metri si scende ai 301 rnetri
del Puits du Cancel per risalire lungo il boscoso Vallon de l’Herbe sino al
punto panoramico di Cap Gros 501 metri
(Cima Coppi del ns. viaggio). Da qui attraverso la Chamineè du Diable ed il Col des Carbonniers si
percorre la lunga Falaise du Devenson. Con una discesa
difficoltosa e strapiombante, aiutati nel difficile cammino dall'onnipresente
e indispensabile Cesare e dal sempre più "Nostro caro Angelo".
arriviamo alla Tour Save in vista dell'Aguille de l’Eissadon, con gran vista
sull'Anse de la Baume, l'llot du Dromedaire ed il Plateau de Castelvieil. Ci
sorpassano di corsa alcuni escursionisti francesi con le magliette del C.A.F.
di Marseille che fanno una gara per le calanques, con sulle spalle lo
zainetto-borraccia. E' quasi
mezzogiorno, fa un caldo terribile, abbiamo sete, siamo stanchi ma risaliamo
l'alberato e strapiombante vallone dell'Oule, incassato tra due alte pareti.
sino al colle medesimo e finalmente facciamo sosta per il pranzo sul Plateau d'En Vari. Qualche romantico
Montagnin, dopo pranzo, si avventura sino al belvedere per fare due foto. Non
me la sento proprio di andare con loro e resto a tirare pezzetti di pane ai gabbiani
che volteggiano sopra di noi come bianchi avvoltoi. Ripartiamo e raggiungiamo,
attraverso un'interminabile e noiosa stradella bianca, tutta pietre, la piccola
ed emozionante Calanque d' En Vau. Ci
rilassiamo un pochino sorseggiando
avidamente una panachè gentilmente
portata sulla spiaggia da due intraprendenti francesi
con un gommone, che si sono inventati "sto bisinisse”. Guardiamo con malcelata invidia gli scalatori sulle falesie strapiombanti,
sapendo che non saliremo mai lassù con loro, per lo meno la maggior parte di
noi. Iniziamo un'ennesima e non facile salita
di gruppo; procediamo lentamente uno
sopra la testa dell'altro, con i francesi che vogliono scendere e non possono e
che poi s'inc... Al termine dell'arrampicata e relativa discesa sfioriamo di
corsa Port Pin e di seguito Port Miou, le ultime due calanques,
bellissime e profondissime, prima di Cassis, dove giungiamo dopo un'altra,
l'ennesima, salita. Ma non dovevamo andare al mare?
Epilogo. Non appena
terminato il trek avrei giurato che non sarei tornato tanto presto da queste
parti a camminare. Poi, a mente fredda, e rivedendo le diapositive che ho
scattato, ci ho ripensato. La cosa si può fare, articolando diversamente parte
dell'itinerario e con tempi diversi. Ma si sa. il tempo che passa è galantuomo:
scolora la fatica e l'insicurezza, mentre rende di limpido cristallo i ricordi
dolci e le cose belle che ci sono capitate. Scolpisce nel cuore l'allegria e
l'amicizia. Tutto il resto è vento che soffia e passa oltre. Mi mancheranno
certamente le risa di qualcuno ed i lussuosi garde-robe dell'albergo di
Marsiglia. D'altra parte non si può avere tutto nella vita; da questa domenica
di fine trekking abbiamo già avuto assenza totale d'incidenti, un buon tempo,
la vittoria della Ferrari, quella del Genoa e la sconfitta della........ Inoltre mi
porto dentro il sorriso di una nuova amica che forse ho un pò stordito con le
mie chiacchiere, ma che spero mi vorrà perdonare. Certo sarà difficile avere
in futuro nuovamente lo stesso gruppo, così compatto, allegro, capace,
paziente. Sarà il caso di fare un po' di dieta, così faticherò un po' di meno e
mi divertirò di più. Infine, lo prometto, starò di più ad ascoltare la voce
degli altri che non il suono della mia. Per la gioia di Tony!
Gianfranco Robba
|