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Ritorno in Val Malenco L'avevo lasciata portandomi nel cuore l'immensità dei ghiacciai del gruppo del Bernina, lo splendore dei colori, la bellezza del paesaggio. Il ricordo di quelle montagne, degli alpeggi, dei prati, della bellissima Val Poschiavina, del Pizzo Scalino arrossato dal tramonto, così come la voglia di tornare, riaffioravano spesso nei pensieri e nelle chiacchere con gi amici, ma c'era sempre qualcosa di nuovo e di bellissimo da fare così che il ritorno in Val Malenco rimaneva relegato nel limbo dei progetti futuri.Ora, invece, dopo quattro anni, siamo qui, a Ciappanìco, frazione dio Torre Santa Maria, pronti a muovere agli ordini del Grande conDOTTiero che, rispolverati libri e cartine, ci guiderà lungo le prime quattro tappe dell'Alta Via della Val Malenco che ci mancano per completarne l'anello. La truppa (undici elementi di grossa caratura, chi in un senso, chi in un altro) si dispone in ordine di marcia: dapprima compatta, poi in tipico assetto Montagnino da alta montagna: avanguardia - corpo centrale - retrovie (colpa di una banana galeotta e di chi incautamente se ne cibò). Saliamo nella Val Torreggio attraversando piccole, graziose borgate per la maggior parte abbandonate, alcune ben conservate, testimoni ormai mute della vita rurale di un tempo. A poco a poco l'orizzonte si allarga fino all'ampia radura dove sorge l'Alpe Son, formata da numerose e belle costruzioni in pietra viva, probabilmente abitate soltanto nel periodo estivo. Da qui, in salita in un fitto bosco, giungiamo al piccolo paradiso terrestre di Piasci dove si trova il Rifugio Cometti, nostra meta per il primo giorno. Sembra il posto delle favole: gruppetti di casolari sparsi qua e là nei prati; una coppia di anziani seduti sull'uscio di casa sereni e sorridenti come in una fotografia dell'Ottocento; placide mucche si attardano al pascolo scortate da un vivacissimo cagnolino; la "pastora"le segue e si ferma volentieri a scambiare quattro chiacchere. Il rifugio è spartano ma funzionale, i gestori simpatici e gentili; c'è anche la doccia (calda!) e la cena è ottima. Tra le altre cose ci servono delle frittelline buonissime che loro chiamano schat (ma non sono sicura che si scriva così) per cui il Cornetti è famoso nella valle. Fine serata con cori ruspanti insieme ai "villici". Secondo giorno: con la luce dell'alba e poi del primo mattino Piasci, se possibile, è ancora più bello; più vividi i colori, più tersa l'aria. In lontananza si intravede il profilo del Gruppo del Bernina. Il sentiero si snoda in un bel bosco di conifere fino a raggiungere le vaste praterie dell'Alpe Arcoglio inferiore da cui in breve arriviamo all'Alpe Arcoglio superiore, altro notevole insediamento, dove facciamo a gara con le mucche per bere alla fontana. Qui incontriamo un piccolo; simpatico, cagnolino tutto orecchie che decide che, per oggi, noi siamo la sua mandria: ci accompagna, ci aspetta, non ci lascia un attimo. Dal lago di Arcoglio belle vedute sul Bernina e sul Pizzo Scalino. Dalla cima del Sasso Bianco panorama eccezionale: da una parte la triade del Bernina (Pizzo Roseg; Scerscen - Bernina; Argent - Zupò) e il Pizzo Scalino; dall'altra i Corni Bruciati e, magnifico, il Monte Disgrazia il cui profilo è completamente diverso da quello che avevamo conosciuto nel precedente trekking. Ci riempiamo gli occhi di tanta magnificenza e poi, insieme al nostro amico a quattro zampe, cominciamo la discesa per sfasciumi e vasti pianori fino a giungere all'Alpe Airale, luogo incantato dove sorge il Rifugio Bosio-Galli accoccolato su di un piccolo rilievo. Intorno conifere, grandi massi erratici di serpentino adagiati nei prati, le tranquille acque del torrente Torreggio che formano piccole insenature e laghetti dove i più temerari (e chi se non Cesare, Maurilia e Giuseppe) si tuffano. Il pomeriggio è splendido, i colori di più. Gironzoliamo affascinati da questo posto incredibile. Le foto si sprecano, ovviamente. Anche il nostro piccolo compagno pare incantato dall'ambiente o forse è solo stanco, si arrotola come in riccio e dorme beatamente ai nostri piedi. Terzo giorno: partiamo che è ancora buio. Ci aspetta un lungo percorso e, saggiamente, dopo vari conciliaboli il Grande conDOTTiero, ha deciso per la levataccia. Giungiamo all'Alpe Mastabbia sul far dell'alba: il sole sorgente fa risaltare il netto e frastagliato profilo, ormai familiare del Bernina e dello Scalino. Anche qui mucche, graziosi alpeggi ingentiliti da fiori. L'alba lascia spazio al giorno e noi giungiamo all'Alpe Giumellino per poi dopo un po' cominciare la risalita (chiamiamola così) della rocciosa, ripida, rossastra, interminabile Val Sassersa. Ripensandoci adesso, passata la faticaccia, riconosco che ha un fascino particolare: il colore delle rocce, il variegato azzurro degli omonimi laghi, gli anfiteatri morenici ricordo di antichi ghiacciai, la cima del Pizzo Rachele che domina dall'alto la rendono unica e un po' misteriosa. L'Angelo custode mi aspetta paziente: sono rimasta indietro, non sto benissimo e ogni tanto devo riposarmi; il resto della truppa si è volatilizzato. Ritroviamo, dopo un po', Silvestro e le ragazze (Angiola e Ornella). Faticosamente arriviamo al Passo Ventina insieme a nuvoloni neri carichi di pioggia; qualche tuono in lontananza. Sosta minima per ritemprarci e ammirare il Pizzo Ventina e l'omonimo ghiacciaio che si allunga verso valle. il tempo peggiora velocemente. Più di mille metri di ripidissima e ghiaiosa discesa, attraversando anche un nevaietto fino a giungere al fondo della Val Ventina, ci portano su un rialzo morenico da cui si osserva l'imponente panoramica della Vedretta di Ventina e del Pizzo Cassandra. Giungiamo al Rifugio Ventina insieme alle prime gocce di pioggia e prima che si scateni un tipico grandioso temporale. Serata in allegria, solita cena frugale e svariati progetti per l'indomani. Quarto giorno: la tappa odierna prevede la discesa fino a Forbicina, la risalita della Val Sissone e al Rifugio del Grande - Camerini e la discesa a Chiareggio, meta finale del nostro trekking. Giornata splendida, per finire in bellezza. La truppa si divide: Angiola, Eva e Ornella decidono per un'attività più rilassante, ci raggiungeranno a Chiareggio. Scendiamo rapidamente ad attraversare il torrente Ventina, a poco a poco il sole scende nella valle e tutto sembra ancora più luminoso. Iniziamo la risalita della Val Sissone di fronte all'imponente e maestoso ghiacciaio del Disgrazia e della sua lunga cresta. Belle cascate scendono ad ingrossare il Torrente Mallero. Qui mi devo fermare; non sono ancora in piena forma e non riesco a procedere senza fatica. Mi spiace moltissimo non arrivare al Rifugio, ci tenevo parecchio visto che quattro anni fa pioveva a dirotto. Pazienza mi "accontento" di questo posto eccezionale e, insieme a Silvestro, mi godo il sole e l'azzurro: il Disgrazia è bellissimo anche da qui Con calma torniamo indietro verso Chiareggio fermandoci ogni tanto ad ammirare il paesaggio e le baite che qua e là punteggiano i prati. Quando arrivano gli amici ci raccontano entusiasti la loro giornata (un po' li invidio, però). Poi saluti, abbracci, recupero auto e via per altre avventure. Anche questa volta la Val Malenco mi ha entusiasmato. La parte che abbiamo percorso ha caratteristiche un po' diverse ma, nell'insieme, abbiamo completato un percorso veramente bello e molto interessante sia dal punto di vista escursionistico che geologico ed ambientale. Grazie al Grande conDOTTiero e a tutti i compagni di cammino: Silvestro, Angelo, Toni, Rita, Giuseppe, Angiola, Ornella, Eva, Maurilia per le belle giornate trascorse insieme. A dirla tutta, però, controllando libri e carte, ho scoperto che ci sono ancora alcuni tratti di collegamento e varianti delle tappe dell'Alta Via e molti sentieri che non conosco e che sembrano molto promettenti. Quindi ... Elisa |