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Friuli
mon amour............ e
quant'altro Come
si poteva facilmente prevedere anche
questa volta il nostro Grande Organizzatore
ha dato superba prova di
sè
conducendoci alla scoperta di una
nuova parte della sua splendida regione
natale di cui, a poco a poco, ci sentiamo
un po' cittadini, come se fosse
un po' anche la nostra. Elementi
essenziali per la riuscita: 1)
pianificazione
certosina (nulla è
stato
trascurato, anzi persino il colore delle
fioriture dei campi di colza, lungo
l'autostrada, di un giallo squillante, ha sostituito il rosso vermiglio dei
papaveri dell'anno scorso,
così
da variare
anche il paesaggio). 2)
base
logistica: Grado, ormai sede distaccata,
primaverile, dei Montagnin presso
l'albergo Tognon i cui menù
hanno abbondantemente compensato
l'essenziale austerità
delle stanze. 3) confort di viaggio: basta il nome: Giulio, ovvero il "nostro" miglior autista (qualcuno ha proposto di nominarlo Montagnin " sul campo " anzi, " sul pullman "). "
Troppo grande e ricca, perfino per
un
doge
". Così
disse Napoleone di Villa
Manin a Passariano e l'impressione
che se ne riceve dà
ragione
al generale. Già
dall'ingresso, dominato
da due alti torrioni, si percepisce
la grandiosità
della dimora la cui imponente facciata
è
preceduta da un'ampia
area prativa circondata da due
esedre semicircolari che, quasi
come
il colonnato di S. Pietro cui ci si ispirò
per la loro costruzione, conducono alla
piazza antistante la villa, a sua
volta delimitata dalla caratteristiche "barchesse".
Visitiamo la cappella che
è
contemporaneamente chiesa
gentilizia e chiesa del paese: ha,
infatti, un ingresso sul perimetro esterno
della costruzione ed uno, privato,
per i Manin, dalla barchessa di sinistra
da cui si accede anche alle scuderie, che
ospitano il Museo delle carrozze, e al Museo delle armi dove sono collocati preziosi esemplari dal 500
all’800:
lance, alabarde, armature e ...
quant'altro, come intercala, ogni
tre parole, la simpatica guida. E poi l'immenso parco retrostante
l'edificio, lussureggiante, con magnifici, altissimi alberi di molteplici
specie, collinette, viali ombreggiati.
All'epoca del suo massimo splendore
doveva essere veramente un "luogo
di delizie" ispirato, si dice, al
mitico parco di Versailles. Vedremo. Grazie, Igor. Elisa Da Braies a Neustift Storie da un trekking Noi, del gruppo della settimana verde di S.Vigilio, arriviamo al lago di Braies in anticipo all'appuntamento con gli altri Montagnin che arrivavano direttamente da Genova. Così mentre aspettiamo facciamo un giretto intorno al lago. E' pieno di macchine e di gente, si capisce subito che siamo in un luogo di villeggiatura. Sta a vedere che sarà una cosetta leggera, tutta da godere, con un bel sole e tanta allegria. Poi arrivano gli altri, con Igor che c'e l'ha con me perchè col telefonino gli ho dato il numero sbagliato di posteggio. Mangiamo in fretta un panino mentre il cielo rannuvola e vengono due gocce. Foto di gruppo dal lago e via in ordine sparso lungo lo stradello della riva. Si formano dei gruppetti, con una staffetta di tre malandrini che si invola appena il sentiero inizia a salire. Ed il sentiero si innalza per un tratto lunghissimo, prima lungo il canalone di un torrente, poi nel bosco, quindi con saliscendi sino.al passo sotto la Croda del Becco. Mi siedo dalla Madonnina, aspetto Fabrizio che giù in basso smoccola che vuole tornare alle spiagge di Pathong ed intanto mi guardo intorno: in fondo, sulla sinistra le Dolomiti di Sesto con il Bric dei Toni e le tre Cime. Diritto d'innanzi, nel blu del meriggio, i monti di Cortina, il Cristallo, l'Antelao, il Pelmo; sulla destra l'altopiano di Fanes e Sennes; all'estremo orizzonte, dove il sole muore tra le nubi ormai aperte e ròsse le Conturines con l'inconfondibile Sasso della Croce. Arriva Fabry, si guarda intorno e senza più lamentarsi scatta fotografie. Una ripida e veloce discesa sino al Rif. Biella. Mi sistemo aiutato da Angelo che fa da maggiordomo. Poi arrivano gli altri con Igor e tutte le donne. La Paola ha una caviglia disastrata. Domani al Rif. Sennes si dovrà fermare. Tutti sono sistemati. Il rifugio è vecchiotto e non molto moderno, ma a me piace ancora di più! Ai raggi dell'ultimo sole, seduti intorno ad un tavolo tre giovani, Rudy, Fabrizio ed una ragazza. Mi avvicino, fa decisamente freddo ed aumenterà ancora. I ragazzi parlano tra loro. La ragazza è molto più giovane, avrà una ventina d'anni, la metà dei loro. Lei porta un foulard colorato che le racchiude i capelli lunghi e neri, come neri e vivacissimi i suoi occhi, ed una bella bocca dai denti bianchissimi che sorride spesso. Così scopro che sta facendo quasi lo stesso trekking che facciamo noi. E' partita stamattina dal Ponte Alto di Cortina ed è arrivata al Biella attraverso l'Alpe di Fosses.Come noi. Domani andrà a dormire al Sennes, via Pederù. Come noi. L'ultimo giorno salirà alla forcella Lagazuoi per andare lungo la Tofana di Rozes sino al Rif. Dibona. Dormirà lì e poi attraverso un sentierino di guerra tornerà a riprendere l'auto al Ponte Alto. Non c'è che dire, proprio un bel giro. "Con chi sei, dove è il tuo gruppo?" "Sono sola, faccio un trek in solitaria, per riflettere, per pensare:" Lo dice con aria serena, come se fosse la cosa più naturale del mondo. Ci guardiamo. Angelo è stupito, io ammirato, Igor beve la sua birra in silenzio. "Ma non hai paura, di farti male, di fare qualche brutto incontro?" Lei risponde di no e ti guarda con gli occhioni neri, un sorriso disarmante, e stuzzica la penna sulle pagine del diario che stava scrivendo prima che l'angosciassimo con le nostre ansie. Restiamo in silenzio e lei chiude il diario e si mette a leggere un libretto che cava da una tasca della giacca a vento. Fine dei discorsi, è come se ci avesse congedati. Ci tratteniamo ancora un poco. Il tramonto si fa di fuoco. Vado in camera a prendere la fotocamera. Scatto un bel po' di foto alle rocce arrossate. La ragazza è ancora là seduta che legge, ed è rimasta sola. Mi avvicino e le chiedo come si chiama, raccontando qualche cosa sul nostro Gruppo. Mi risponde interessata con il suo accento veneto; dice di essere vicentina ma che vive e studia a Padova. "Mi chiamo Irene" Resto a bocca aperta. La potenza evocativa di quel nome mi colpisce come una frustata. Lo so che è un caso, che non c'entra niente, ma sono molto turbato. " Il tuo nome è bellissimo" dico " deriva dal greco e significa pace" Nei suoi occhi scorgo gli stessi occhi e nel suo sorriso lo stesso sorriso di quell'altra Irene che avevo conosciuto 45 anni prima in un luogo a pochi km in linea-d'aria da qui. " Lo so"- risponde- Era il nome di mia nonna, che era nata subito dopo la Grande Guerra e l'hanno chiamata così in segno di buon augurio." Non potevo continuare quella conversazione, ero troppo colpito, poi lei si vedeva che voleva restare da sola, per leggere il suo libro, per pensare a cose sue. Abbiamo rivisto quella ragazza coraggiosa la sera dopo al Rif. Fannes intenta a leggere il suo libro. L'indomani poi ci siamo salutati alla Malga di Fanes Grande, dove le nostre strade si dividevano. Ciao Irene, buona fortuna per tutta la tua vita, che sarà bellissima, per te e per quel fortunato ragazzo che incontrerai. Abbi sempre buoni sentieri, anche se sei fortissima! Mi perdonerete questa divagazione un po' personale ed un po' patetica, ma forse mi potrete capire. Di altri fatti rimarchevoli il nostro trek ne annovererà ancora. Andiamo per ordine con un po' di cronaca: la salita alla Croda del Becco di 4 Montagnin coraggiosi, la fermata di Paola al Rif. Sennes, la discesa ripidissima ed interminabile sino al Rif. Pederù, la tranquilla risalita sino al Rif. Fanes, il percorso facile e interessante. Alcune complicazioni per le camere al rifugio si sono risolte grazie alla fermezza del nostro presidente e la notte e la mattinata successiva sono senza acuti. Il terzo giorno la lunga discesa attraverso il parco delle Dolomiti di Cortina con i mugugni di Igor che "non valeva la pena di scendere tanto per vedere una cascata". Per la verità la discesa è senza fine, ma i Montagnin se la prendono comoda e quando arriviamo alla cascata è quasi mezzogiorno. Seguirà un lungo giro nel bosco ed un'interminabile serie di tornanti per arrivare a Ra Stua. Il gruppo si ricompatta. Breve sosta per un panino, poi riprendiamo la strada per l'Alpe di Fosses, nel primo pomeriggio. La salita dura, lunga da morire sotto un sole implacabile, sgrana nuovamente il gruppo. Io salgo con Gianna e Nadia, lentamente per non morire. Giunti all'Alpe di Fosses, di colpo e senza preavviso, il paesaggio diviene da dolomitico a irlandese! Due laghetti azzurri incastonati in un alternarsi di prati verdissimi, separati da muretti a secco, a volte naturali, a volte artificiali. Qua e là numerose greggi di pecore, un gruppo di asini che pascolano in un recinto, uno chalet in legno e pietra con tanto di canna fumaria sul retro della casa. Sulla veranda una figuretta sottile, che saluta e risulta, nel controluce del sole giallastro, essere una gran bella figliola, dalle movenze aggraziate. Angelo e Rudi diranno poi che si sono fermati a parlare con la "pastorella" e che questa ha offerto loro un bicchiere di latte. Con fatica passiamo oltre e ricomincia la salita. Crediamo di essere in vista del Biella, ma ci aspetta ancora una buona ora di salita. Arriviamo verso le 19, col sole che inizia a nascondersi fra i picchi. Fabrizio arriverà verso le 20 con Silvestro ed Elisa. Grazie per averlo raccattato: per il mal di piedi si era tolto gli scarponi e aveva risalito l'ultimo tratto a piedi scalzi. La serata al Biella è molto rilassata e divertente: domani si tornerà a Braies. La signora che gestisce il rifugio ci offre una grappa prima di dormire e ci regala le cartoline del vecchio rifugio. Noi lasciamo un ricordo dei Montagnin e dell'80°. La mattina non fa più tanto freddo quanto due giorni prima. Igor raccoglie tonnellate di achillea moscata per annegarla a Bargagli in qualche damigiana di grappa. La discesa è senza storia, anche se lunga e scoscesa attraverso un ripido ghiaione. Angelo fotografa ciuffi di stelle alpine e Silvestro sale su tutte le alture che incontra a fare l'indiano, scrutando nel vento e facendosi fotografare. Angelo salta di ghiaione in ghiaione per immortalare il gruppo che lentamente scivola verso valle. Io penso a Lello ed alle sue vertigini! Stamani è partito prima di noi: chissà se si sarà c.... sotto. Giunti al piano, al bivio per il lago, io con Fabrizio e Rudi torniamo immediatamente alle auto per andare a Neustift in Austria, al ritiro del Genoa. Gli altri si fermano a mangiare ed in serata saranno a Caviola per fare le Cime d'Auta. Ma anche questa è un'altra storia. G.Franco Robba |